E in nove giorni il grasso diventò fegato
Se vi sottoponete a una liposuzione per perdere peso, non cestinate il grasso ricavato. È una preziosa fonte di staminali che possono essere trasformate in cellule ben più funzionali per l’organismo. Per esempio in quelle del fegato, come dimostra uno studio condotto da ricercatori della Stanford University School of Medicine appena pubblicata sullo rivista Cell Transplantation.
Se lo studio fosse confermato aprirebbe la strada a una nuova efficiente tecnica per rigenerare il fegato danneggiato sostituendo di fatto il trapianto.
Nove giorni per la metamorfosi - Lo studio è ai primissimi stadi. I ricercatori hanno infatti condotto gli esperimenti su topi di laboratorio, anche se le cellule staminali del grasso impiegate provenivano da liposuzioni condotte sull’uomo. E altrettanto umane sono le cellule del fegato in cui il grasso si è differenziato.
Per giungere a questo risultato il team ha stimolato chimicamente le cellule staminali del tessuto adiposo adottando un accorgimento che, secondo i ricercatori, è stato la chiave del successo: piuttosto che far crescere le cellule “spalmandole” su una superficie liscia, le ha immerse in una soluzione liquida in cui si aggregavano sotto forma di piccole palle.
Con questa tecnica, le cellule staminali del grasso si sono trasformate in epatociti (cellule del fegato) in soli nove giorni, una durata sufficientemente breve da rendere la tecnica utilizzabile nei casi di insufficienza epatica più grave.
A quel punto, le cellule sono state iniettate direttamente nel fegato di topi di laboratori.
Quattro settimane dopo, i ricercatori hanno sottoposto i topi a esami del sangue rilevando una proteina che viene prodotta dalle cellule epatiche umane (l’albumina). Inoltre, la proteina era presente in quantità tali da far pensare che nel giro di 8 settimane le cellule impiantate avessero ricostruito tra il 10 e il 20 per cento del fegato precedentemente danneggiato.
Gli esami del sangue hanno anche mostrato che le nuove cellule epatiche facevano pienamente il loro lavoro svolgendo le funzioni di filtro tipiche di un fegato funzionante.
Infine, a due mesi dall’iniezione, gli epatociti prodotti in laboratorio non avevano dato origine a cellule tumorali, un rischio sempre elevato quando si lavora con le cellule staminali.
Dati che hanno fatto affermare al coordinatore dello studio Gary Peltz: «crediamo che il nostro metodo possa essere trasferito presto nella clinica. E, dal momento che il nuovo tessuto epatico è derivato direttamente dalle cellule della persona che ha bisogno del trapianto, non ci aspettiamo che ci sia bisogno di assumere immunosoppressori».
Sarà sufficiente? - Il problema, tuttavia, potrebbero essere le dimensioni del fegato umano che è circa 800 cento volte più grande di quello di un topo e contiene qualcosa come 200 miliardi di cellule. «Perché un trapianto abbia successo dovremmo essere in grado di rigenerare circa la metà del fegato danneggiato», ha spiegato Peltz che però si dice ottimista. E prova a fare i calcoli.
Con circa un litro di grasso aspirato con la liposuzione, potremmo riuscire a creare circa un miliardo di epatociti. La replicazione cellulare che avviene una volta che questi sono stati iniettati, potrebbe far arrivare il loro numero a 100 miliardi. Ed eccoci: esattamente la metà di quelli che compongono in genere un fegato umano.
Troppo ottimista? Impossibile dirlo oggi. Il gruppo però si è messo al lavoro di gran lena. Presto cominceranno a eseguire test su animali più grandi e più simili all’uomo. E se tutto andrà bene sperano di cominciare a sperimentare la tecnica direttamente sull’uomo tra due o tre anni.
Fonte: http://www.healthdesk.it