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Gestione e monitoraggio del paziente in fase pre e post-trapianto

Il trapianto di fegato è una terapia ormai consolidata per la cura della cirrosi epatica scompensata e, in casi selezionati, dell’epatocarcinoma. Il perfezionamento delle tecniche chirurgiche, delle soluzioni di conservazione degli organi e la possibilità di controllare efficacemente il rigetto con una serie di farmaci ad azione immunosoppressiva estremamente efficaci ne rende ormai la terapia di scelta in una ampia serie di malattie epatiche che evolvono verso l’insufficienza epatica. La diffusione delle indicazioni al trapianto ha tuttavia portato a far crescere la discrepanza tra il numero sempre più ampio dei pazienti che sono bisognevoli di questo intervento ed il numero di donatori disponibili (http.ministerosalute.it/trapianti) rendendo necessario lo stabilire di regole di accessibilità al trapianto ampiamente condivise a livello internazionale e basate sui dati di evidenza disponibili. Diverse sono le competenze del MMG e dello specialista epatologo dei trapianti.

Quali competenze per lo specialista

Le indicazioni e controindicazioni al trapianto di fegato in Italia sono ampiamente note (http://www.webaisf.org/media/7898/commissione_trapianto_fegato.pdf) e sostanzialmente condivise nei Centri Trapianto Nazionali, i quali operano, pur con delle variazioni legate alle specifiche esperienze del Centro, sulla base di un corpo comune di norme e discipline coordinate dal Centro Nazionale Trapianti (www.trapianti.salute.gov.it). Il trapianto rappresenta l’ambito medico nel quale la stretta collaborazione tra MMG e specialista epatologo deve raggiungere il livello più alto, nella consapevolezza che la loro migliore interazione rappresenti un presupposto fondamentale per il successo di questa cura.

Qui di seguito sono elencate le principali competenze dello specialista epatologo dei trapianti:

  1. Identificazione del potenziale candidato: alla individuazione della comparsa, da parte del MMG o dello specialista epatologo, dei segni e sintomi di scompenso della malattia o di epatocarcinoma (ampiamente discussi in questo documento) segue il riferimento del paziente ad un Centro specialistico direttamente collegato al Centro trapianti.
  2. Valutazione pre-trapianto. Tale fase, affidata prevalente all’epatologo dei trapianti, attraverso l’esecuzione di una serie di esami ematochimici e strumentali di approfondimento é volta non solo a confermare la indicazione ma anche a definire eventuali fattori di rischio o controindicazioni alla procedura. Un momento fondamentale di questo processo sarà la definizione dello “stadio di malattia” del paziente per la attribuzione, una volta in lista di attesa, del punteggio di gravità e quindi della priorità di allocazione dell’organo.
  3. Immissione in lista di attesa: il cosiddetto bilancio pre-trapianto culminerà in una valutazione collegiale e condivisa dell’epatologo, del chirurgo e dell’anestesista, al termine della quale il paziente riceverà un parere sulla sua candidabilità a trapianto. Tale giudizio potrà essere di iscrizione in lista, di necessità di ulteriori approfondimenti ovvero di non inclusione in lista per la presenza di controindicazioni che rendono non vantaggiosa l’opzione trapiantologica.
  4. Codice di esenzione: il paziente in lista di attesa per trapianto ha diritto ad una esenzione per patologia (050) che di fatto permette allo stesso di poter usufruire delle prestazioni necessarie al monitoraggio della sua malattia seguendo una corsia preferenziale che ne abbrevi i tempi di attesa.

I limiti della trapiantabilità: la notevole sproporzione esistente tra il numero di organi disponibili ed il numero di pazienti bisognevoli della cura e l’importante impegno di risorse che la procedura richiede ha reso necessario la identificazione di scores prognostici di gravità di malattia: il Child-Pugh ma soprattutto il MELD score, che è di fatto il linguaggio comune sulla base del quale viene gestita la lista di attesa. In assenza di eccezioni, il punteggio di MELD 15 è ritenuto essere il punteggio di severità della malattia epatica al di sotto del quale il trapianto epatico non risulta essere accompagnato da un beneficio per il ricevente mentre risulta dannoso per il sistema in quanto sottrae un organo utilizzabile per un altro ricevente con punteggio di MELD superiore. Fa eccezione l’epatocarcinoma che trova indicazione al trapianto a prescindere dallo score MELD se in stadio T2 come descritto dai cosiddetti criteri di Milano (nodulo singolo inferiore a 5 cm o massimo 3 noduli ciascuno con diametro non superiore ai 3 cm).

La lista di attesa: mentre il paziente è in lista di attesa, un attento e regolare follow-up ha l’obiettivo di controllare la permanenza della indicazione ed a gestire, il più prontamente possibile, quegli eventi come le infezioni, l’emorragia digestiva, lo squilibrio idro-elettrolitico e metabolico che potrebbero pregiudicare il risultato del trapianto stesso o porre il paziente in una condizione di rischio inaccettabile. L’assegnazione dell’organo avviene sulla base di quattro fondamentali parametri: compatibilità di gruppo sanguigno, stadio di malattia, compatibilità antropometrica tra donatore e ricevente e anzianità di permanenza in lista di attesa. E’ una lista dinamica che viene periodicamente aggiornata in base al variare delle condizioni dei singoli pazienti all’interno dello stesso gruppo sanguigno.

Quali competenze per il MMG
… È indispensabile che il MMG ed il personale medico del centro trapianti che segue il paziente siano in stretto contatto per tutto il periodo che precede ma anche di quello successivo all’intervento attraverso linee telefoniche e mail dedicate. Nella fase pre-trapianto, l’aderenza del paziente ai programmi diagnostico-terapeutici deve essere assicurata con la collaborazione vigile del MMG. L’insorgenza di complicanze o la non aderenza ai programmi di monitoraggio deve essere tempestivamente segnalata al centro trapianti. Paziente e familiari/conviventi devono ricevere le proposte vaccinazioni sia nel periodo di attesa che nel post-trapianto. Nella fase post-trapianto, è auspicabile che sia il paziente che il MMG ricevano dal centro trapianti un elenco di farmaci non somministrabili al paziente. L’eventuale insorgenza di una patologia extra-epatica rilevante deve essere segnalata allo specialista epatologo e di conseguenza concordata la gestione. In Italia, il trapianto da donatore vivente è consentito in Centri selezionati. Tuttavia, tale pratica trova a livello nazionale una scarsa applicazione. Le ragioni sono da ricercare nella complessità del processo (valutazione del potenziale donatore, aspetti psicologici e iter autorizzativo) e nella necessità che il ricevente soddisfi comunque i criteri di eleggibilità per il trapianto da cadavere. Spesso invece, la richiesta del paziente e della famiglia viene formulata o per situazione di progressivo aggravamento delle condizioni generali (quando la probabilità di insuccesso del trapianto sia talmente alta da risultare inaccettabile) o per la comparsa di condizioni ritenute controindicazioni al trapianto da cadavere (epatocarcinoma non soddisfacente i criteri di Milano). Inoltre, i potenziali donatori, da studiare in ambito familiare, dopo essere stati sottoposti ad un rigido protocollo di studio volto a verificare la effettiva idoneità alla epatectomia parziale, non infrequentemente risultano inidonei per l’alta prevalenza del dismetabolismo/steatosi nella popolazione generale. Non ultimo, l’identificazione del donatore e la sua motivazione all’atto della donazione prevede molto spesso la partecipazione attiva del MMG, fondamentale ai fini di una valutazione sanitaria completa e di rassicurazione, indispensabili all’atto decisionale.

Il progetto è stato realizzato grazie a un contributo non condizionante di Alfasigma S.p.A.

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