Biopsia epatica

E’ considerata il gold standard (riferimento) per la diagnosi di cirrosi.
Tuttavia con un’accurata valutazione del paziente, delle indagini bioumorali e con le attuali metodiche strumentali spesso non è necessaria per la diagnosi. In alcuni casi, la classificazione istologica permette di valutare il grado di danno e contribuisce a capire la causa che ha portato alla cirrosi (ad esempio si trovano delle lesioni del fegato differenti nel caso di un danno da epatite virale rispetto alla colangite sclerosante).
Va ricordato che la biopsia (che mostra in genere 1/50.000 del fegato) è soggetta ad una certa variabilità sul campione prelevato, poiché se il frustolo di tessuto è troppo corto (meno di 1 cm) o troppo sottile (< di 1mm) si rischia di ottenere una diagnosi non affidabile.
Le complicazioni della procedura come il dolore o il calo di pressione sono le condizioni più frequenti, sono comunque transitorie, si risolvono in poco tempo.
La probabilità di mortalità, soprattutto a causa di una grave emorragia, è di 1/10.000-12.000, ed è probabilmente più elevata in caso di cirrosi complicata rispetto alle biopsie su epatite cronica (a seguito sia della “rigidità” del fegato, che dei problemi di coagulazione).