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Ascite

L’ascite è la complicazione più frequente della cirrosi epatica e consiste nell’accumulo di liquido nell’addome, generalmente associata ad un peggioramento della qualità di vita, ad un aumentato rischio di infezioni e di problemi renali.

E’ provocata da diverse cause tra cui: l’ipertensione portale, l’alterazione a carico del rene che non riesce ad eliminare in modo opportuno il sodio e quindi tende anche a trattenere maggiori quantità di acqua e la riduzione delle proteine che vengono prodotte dal fegato (albumina), che svolgono un ruolo cruciale nel “trattenere” i liquidi all’interno dei capillari sanguigni.

La comparsa di ascite nel paziente con cirrosi epatica è un segno negativo: infatti la vita media di chi presenta tale problema si riduce approssimativamente da circa 10 anni quando la cirrosi non è complicata a 2-4 anni nel caso in cui si sia presentata l’ascite.

La comparsa di ascite è una delle cause principali di necessità di ricovero del paziente epatopatico, assieme al sanguinamento gastroenterico.

I principali disturbi provocati dall’ascite sono variabili e in relazione alla quantità di liquido accumulato. Se l’ascite è poca è possibile non accusare alcun disturbo, quando la quantità di liquido è abbondante si avverte un senso di peso, di ingombro dovuto alla distensione dell’addome. I movimenti possono risultare particolarmente complicati e può comparire anche difficoltà respiratoria, stanchezza, riduzione dell’appetito con senso di sazietà precoce per la distensione causata dal liquido addominale e conseguente progressiva perdita di massa muscolare (da notare bene che il peso corporeo in realtà aumenta, ma si tratta di accumulo di liquidi, mentre in realtà il corpo “deperisce”).

La diagnosi è semplice in quanto è sufficiente una semplice visita del paziente, il versamento nell’addome viene identificato obbiettivamente quando la quantità di ascite supera i 1000-1500 cc.
 
Bisogna ricordare che, accertata la presenza di liquido libero in peritoneo, si deve capire quale sia la natura del versamento poiché l’ascite, oltre che dalla cirrosi, può essere causata da altri processi patologici (ad esempio tumori della cavità addominale o pelvica, infiammazioni).

Nel caso in cui l’ascite sia modesta e non identificabile con la semplice visita del paziente, può essere di estremo aiuto l’ecografia addominale che è in grado di individuare anche piccole raccolte.

Nel caso in cui sia presente l’ascite, soprattutto quando compare la prima volta, è importante poterne prelevare una piccola quantità attraverso la puntura dell’addome (definita paracentesi esplorativa, l’ago viene posizionato per l’aspirazione in basso a sinistra dell’addome) per analizzare il liquido che viene aspirato.

La gravità dell’ascite viene stabilita in base alla quantità di liquido nell’addome: ascite lieve, moderata o tesa ovvero di primo, secondo e terzo grado.

Paracentesi esplorativa, indicata in:
- in tutti i pazienti con prima comparsa di ascite;
- nei casi in cui la natura del versamento sia dubbia (non sicuramente dovuta alla cirrosi, ma nel dubbio ad esempio di un tumore);
- nei casi in cui il paziente con ascite sia andato incontro ad un inatteso deterioramento delle condizioni cliniche generali e si sospetti un’infezione del liquido.

Il liquido aspirato viene sottoposto ad una serie di analisi che permettono di stabilire:

• Differenza di proteine (albumina tra sangue e ascite), così da differenziare le forme dovute alla cirrosi da forme conseguenti a tumori o infezioni dell’addome come nel caso della tubercolosi addominale.
• Conta dei globuli bianchi dell’ascite, soprattutto di un particolare gruppo di globuli bianchi, i neutrofili che se superiori a 250/mmcL sono indicativi di una infezione del liquido definita “peritonite batterica spontanea”
• L’esame colturale, che permette di identificare l’agente che determina l’infezione se presente (come nel caso dell’urocoltura con la quale si identifica il batterio o microorganismo che porta l’infezione, in seguito si stabilisce quale possa essere il miglior antibiotico da utilizzare con l’antibiogramma)
• In casi particolari, quando il medico ricerchi particolari alterazioni, è possibile anche effettuare altri dosaggi come il glucosio, le proteine totali, la lattico deidrogenasi (LDH), la bilirubina, l’ematocrito e la ricerca di cellule tumorali.
 
La terapia del paziente cirrotico con ascite prevede una restrizione della quantità di sale assunto con gli alimenti (per un massimo di 5.2 grammi al giorno, il che significa di fatto NON aggiungere sale agli alimenti, che  ne contengono già in dose più che sufficiente per le nostre necessità), una riduzione dell’assunzione di liquidi nell’arco della giornata (per un totale di 750-1000 cc tutto incluso, tra caffè, minestre, acqua etc.), e quando necessario la somministrazione di diuretici.

Questo tipo di approccio è efficace nel 60-80% dei casi che, pertanto, vengono definiti portatori di un’ascite non complicata.

L’educazione del paziente ascitico alla dieta moderatamente iposodica rappresenta così un provvedimento di cruciale importanza nella pratica.

In relazione al riposo a letto, invece, va osservato che non esistono dimostrazioni che esso abbia una rilevanza sicura nella gestione del paziente con ascite non complicata, anche se generalmente viene consigliato da molti medici più che altro perché spesso i pazienti sono denutriti e astienici per la malattia di base.

Il diuretico di prima scelta nel trattamento dell’ascite è l’anti-aldosteronico (canrenoato di potassio, spironolattone) alla dose iniziale di 100-200 mg/die. In caso di mancata risposta la dose va aumentata in modo graduale, sino a raggiungere 400 mg/die. Dosi superiori non comportano un significativo aumento dell’efficacia del farmaco mentre espongono ad un elevato rischio di effetti collaterali.

Questo diuretico va usato in un'unica somministrazione e assunto durante un pasto per migliorarne l’assorbimento. La sua azione si evidenzia dopo circa 48 ore dalla sua assunzione, di conseguenza l’eventuale incremento della dose andrà programmato dopo 3-5 giorni dalla dose iniziale.

Se la monoterapia con un anti-aldosteronico non risulta efficace, si associa un diuretico dell’ansa (es furosemide, torasemide). Quello più impiegato in questo contesto clinico è la furosemide alla dose iniziale di 25-50 mg/die. In caso di mancata risposta questa dose può essere gradualmente aumentata sino a 160 mg/die.
 
Dosi superiori non appaiono giustificate. L’effetto della furosemide si manifesta entro 30-60 minuti dopo la somministrazione orale, e si esaurisce in 2-3 ore. La posologia può quindi essere regolata molto rapidamente.

Si ritiene che una buona strategia terapeutica sia quella di ripartire la dose giornaliera in due o più somministrazioni.

Alcuni studi indicano che anziché iniziare con un farmaco e poi solo in un secondo momento procedere con l’altro, sia preferibile iniziare combinando i due farmaci con la somministrazione di un antialdosteronico alla dose/die di 100-200 mg e di 50 mg di furosemide come dose iniziale.

Bisogna prestare particolare attenzione all’eccessivo uso della terapia diuretica perché può portare all’insufficienza renale e può precipitare un quadro di encefalopatia.

L’impiego dei diuretici è controindicato nei pazienti con insufficienza renale funzionale, nei pazienti con iponatremia grave (sodio ematico basso), nei pazienti con encefalopatia epatica severa.
 
I diuretici dell’ansa (furosemide) sono specificatamente controindicati quando la potassiemia (potassio nel sangue) è < 3.5 mmoli/l, mentre i diuretici risparmiatori di potassio (canrenoato), sono controindicati quando la potassiemia è > 6.0 mmol/l.

L’efficacia di una terapia diuretica va monitorata registrando quotidianamente il peso del paziente (misurato al mattino, a digiuno, dopo aver svuotato la vescica ed, eventualmente, evacuato).

Una insufficiente risposta al trattamento è definita da una perdita di peso inferiore a 1 Kg durante la prima settimana e inferiore a 2 Kg per ogni settimana. Dopo aver soddisfacentemente mobilizzato il versamento ascitico la posologia dei diuretici va ridotta fino alle dosi minime efficaci, cioè a quelle dosi che mantengano il paziente senza ascite o con ascite minima.

La gestione del paziente cirrotico con ascite non complicata può essere completamente ambulatoriale, ma la frequenza dei controlli clinici e quella degli esami bioumorali variano in funzione della fase della terapia.

Se con questi provvedimenti non si riesce a risolvere l’ascite si rende necessario effettuare una paracentesi evacuativa, con la rimozione di abbondanti quantità di liquido.

Questa procedura, generalmente organizzata in regime di ricovero giornaliero (Day Hospital) oppure durante ricovero ordinario, prevede di posizionare un ago nell’addome e lasciarlo in sede (da una decina di minuti fino ad un’ora o poco più) per permettere al liquido di fuoriuscire dall’addome.

Se la recidiva provoca tensione addominale solo dopo un certo lasso di tempo (> 4 settimane), la ripetizione della paracentesi in regime di day-hospital è il trattamento preferibile.

Se, invece, la recidiva procura tensione entro pochi giorni, l’elevata periodicità delle paracentesi compromette la qualità della vita del paziente, quindi devono essere prese in considerazione delle soluzioni differenti come la TIPS (shunt transgiugulare intraepatico porto sistemico), lo shunt chirurgico o il trapianto.

Linee guida alla pratica clinica
La paracentesi evacuativa è il mezzo più efficace e rapido per rimuovere l’ascite; la paracentesi evacuativa di oltre 4 litri richiede sempre di essere seguita da una espansione del volume plasmatico da effettuarsi preferibilmente con soluzioni di albumina.
Per trattare l’ascite conservativamente e per prevenire le recidive dopo paracentesi, si deve instaurare una dieta iposodica e somministrare farmaci diuretici.
Il diuretico di prima scelta è l’antialdosteronico, la cui dose va progressivamente incrementata fino ad ottenere l’effetto desiderato. Dosi superiori a 400 mg/die sono sconsigliate.
Nei casi in cui il diuretico antialdosteronico sia insufficiente, si associa un diuretico dell’ansa. La furosemide è il diuretico più usato e le dosi consigliate vanno da 25 a 160 mg/die in dosi divise nella giornata. Dosi superiori sono sconsigliate.
In caso di necessità si può iniziare subito un trattamento combinato (diuretico antialdosteronico + furosemide) monitorando attentamente la risposta.
La risposta al trattamento diuretico si valuta monitorando le variazioni del peso corporeo e, nei casi dubbi, l’escrezione urinaria di sodio. Oltre al peso corporeo, si deve determinare la funzione renale e la concentrazione plasmatica di elettroliti. La periodicità di questi controlli è variabile in funzione delle condizioni cliniche, delle dosi di diuretico e della risposta ottenuta.
I casi che non rispondono alle dosi massime di diuretico o che sviluppano complicanze che non permettono di proseguire la somministrazione dei diuretici, ricadono nel gruppo di pazienti con ascite refrattaria e pertanto deve essere presa in considerazione una strategia alternativa: il posizionamento di TIPS, la chirurgia o il trapianto

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