Consigli clinici per la gestione della trombocitopenia severa
I pazienti affetti da trombocitopenia severa nel contesto di una malattia cronica di fegato sono perlopiù affetti da cirrosi epatica ed ipertensione portale. Infatti, come già detto, il livello di piastrine è ridotto in virtù del sequestro da parte della milza e della bassa produzione midollare per carenza di trombopoietina. Questi pazienti presentano usualmente una o più delle altre complicanze tipiche della cirrosi epatica in stadio avanzato, come versamento endoaddominale (ascite), edemi a livello degli arti inferiori, varici esofagee, episodi di encefalopatia epatica, etc…, le quali esercitano già un impatto negativo sulla qualità della vita. La trombocitopenia, pur non essendo direttamente responsabile di sintomi generici quali stanchezza, inappetenza e dolore, può certamente avere un significativo effetto sulla qualità di vita soprattutto generando ansie e timori nello svolgimento delle attività ordinarie della vita quotidiana. Per evitare questo, è bene avere alcune certezze e tenere a mente alcune semplici raccomandazioni pratiche.
Prima certezza è che i sanguinamenti spontanei sono molto rari per livelli di piastrine >10.000/µL e virtualmente assenti per livelli >20.000/µL, condizione nella quale rientrano la maggior parte dei pazienti cirrotici pur se affetti da trombocitopenia severa. Quindi, non è opportuno vivere nel timore che questo tipo di evento possa occorrere. La condizione più comune è invece quella di sviluppare lividi o sanguinamenti muco-cutanei a seguito di eventi minori, come incorrere in piccoli traumi, lavarsi i denti, radersi la barba, soffiarsi il naso. Tuttavia, si tratta in genere di sanguinamenti di minore entità, che tendono ad arrestarsi spontaneamente. Sono i pazienti stessi ad avvertire la necessità di dover spazzolare i denti o soffiare il naso con maggior delicatezza per evitare che questo tipo di sanguinamenti occorrano.
Un aspetto molto importante è quello dell’attività fisica. E’ noto che il paziente affetto da cirrosi, in virtù dei disordini metabolici secondari alla ridotta funzione epatica, incorre nel rischio di un impoverimento della massa muscolare, fenomeno che prende il nome di sarcopenia. Questa, oltre a limitare progressivamente l’autonomia del paziente nello svolgimento delle attività della vita quotidiana, può contribuire in maniera diretta allo sviluppo di altre complicanze, quali ad esempio l’encefalopatia epatica. Per evitare la sarcopenia, insieme con il mantenere un’adeguata nutrizione, è fondamentale che il paziente continui a svolgere qualche tipo di attività fisica. Sebbene non esistano raccomandazioni unanimemente approvate circa l’attività fisica nel paziente con trombocitopenia severa, si può tener conto di quelle che derivano da alcune Società Scientifiche che si sono espresse per il paziente trombocitopenico come conseguenza di malattie ematologiche o chemioterapia5. Tra queste, il programma leucemia/trapianto di midollo della Columbia Britannica raccomanda che, quando la conta piastrinica è <15.000/µL, i pazienti limitino ogni tipo di attività fisica eccetto quella che garantisce gli spostamenti (camminare per brevi tratti). Con conta piastrinica tra 15.000 e 20.000 piastrine/µL, il paziente può svolgere esercizi delicati senza resistenza, da sdraiato od in piedi, camminate più lunghe e stretching. Per livelli tra 20.000 e 40.000 piastrine/µL, è possibile applicare piccole resistenze usando pesi, camminare a passo svelto ed esercitarsi salendo scalini. Per livelli di piastrine tra le 40.000 e le 60.000/µL, i pazienti possono praticare anche attività aerobica delicata, come la cyclette. Livelli superiori di piastrine, pur se ancora nel range della trombocitopenia, consentono attività fisica aerobica, come corsa e bicicletta, senza particolari accortezze se non la massima attenzione nei confronti dei possibili traumi e l’eventuale utilizzo di dispositivi di protezione (guanti, ginocchiere, etc…)6.
Altro aspetto importante è quello legato all’utilizzo di farmaci anti-dolorifici. Il paziente cirrotico in generale, tanto più se affetto da trombocitopenia severa, dovrebbe evitare il più possibile di assumere farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) per il controllo del dolore (nimesulide, ketoprofene, ibuprofene, ketorolac, etc…). Infatti, oltre al rischio potenziale di tossicità epatica, i FANS possono avere un impatto negativo sulla funzione renale già labile del paziente affetto da cirrosi, nonché compromettere direttamente la funzione piastrinica, favorendo i sanguinamenti. Per la gestione del dolore, che richiede valutazione del singolo caso da parte dello specialista di riferimento, sono da preferirsi il paracetamolo (a dosaggio mai superiore ai 3 grammi nelle 24 ore e con dosi unitarie di massimo 1 gr) e farmaci della categoria degli analgesici oppioidi (tramadolo, codeina), da utilizzare con cautela nei pazienti predisposti all’encefalopatia epatica.
Un’altra considerazione appare di rilievo. Negli ultimi anni è divenuto chiaro che, dal punto di vista coagulativo, la condizione di cirrosi si associa non solo con il rischio di sanguinamenti ma anche di trombosi venose. Questo perché il fegato produce i fattori della coagulazione, la cui carenza può causare difetti dell’emostasi, ma anche alcune proteine anti-coagulanti, la cui carenza può appunto favorire episodi di trombosi venosa. Questo accade più frequentemente nel distretto della vena porta, poichè il rallentamento del flusso venoso contribuisce alla trombosi, ma può accadere anche in altri distretti come a livello delle vene degli arti inferiori. In sostanza, nel paziente cirrotico vige l’apparente paradosso di poter sviluppare trombosi venose nonostante la trombocitopenia severa e l’alterazione dei test di coagulazione (PT e PTT). Per questo, il paziente affetto da cirrosi epatica dovrebbe sempre evitare di rimanere seduto per ore senza muovere le gambe. In più, nel caso di allettamenti prolungati per problemi medici, il curante dovrà valutare i rischi/benefici di una profilassi farmacologica anti-trombotica.
Per concludere, il paziente cirrotico affetto da trombocitopenia severa deve vivere la propria condizione con serenità ma rispettare alcune accortezze per non incorrere in complicanze senza dubbio evitabili. Nulla è del tutto precluso ma la delicatezza dei modi è senza dubbio una parola d’ordine. L’arrivo di soluzioni terapeutiche innovative, quali il lusutrombopag, permette infine di proteggere al meglio il paziente anche a fronte della condizione di maggior rischio, ossia quella costituita dalle procedure invasive.
La revisione scientifica è stata curata dal professor Umberto Vespasiani Gentilucci, Medico Medicina clinica ed Epatologia - Professore Associato di Medicina interna – Campus Biomedico di Roma.
Contenuti elaborati e pubblicati a maggio 2021
Progetto realizzato con il sostengo incondizionato di Shionogi
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